Pablo Picasso: Guernica

Nel gennaio del 1937, mentre viveva a Parigi in Rue des Grands Augustins, Picasso fu incaricato dal governo repubblicano spagnolo di creare un grande murale per il padiglione della Spagna in occasione della Fiera mondiale di Parigi del 1937.

Picasso, che aveva visitato il suo paese per l’ultima volta nel 1934, senza farne poi ritorno, poiché in esilio, era infatti il direttore onorario del Museo del Prado.

Egli inizialmente lavorò da gennaio a fine aprile sugli degli schizzi iniziali del progetto; quando il poeta Juan Larrea, dopo aver sentito le notizie dell’attentato di Guernica del 26 aprile, visitò la casa di Picasso per esortarlo a fare dell’attentato stesso il suo argomento.

Giorni dopo il 1 Maggio, Pablo Picasso si convinse a fare di quell’evento il soggetto della sua opera, e il bombardamento della cittadina basca di Guernica sarebbe diventato una delle opere d’arte più importanti al mondo.

Guernica fu dipinto utilizzando una vernice opaca per la casa, appositamente formulata su richiesta di Picasso affinché avesse la minima brillantezza possibile.

L’artista americano John Ferren lo aiutò a stendere la tela monumentale, e la fotografa Dora Maar, che lavorava con Picasso dalla metà del 1936 fotografando il suo studio, ne documentò la creazione.

Secondo lo storico dell’arte John Richardson oltre al valore documentale e pubblicitario, le fotografie di Maar hanno aiutato Picasso a evitare l’uso del colore e a dare all’opera l’immediatezza del bianco e nero proprio come in una foto.

Picasso, che raramente permetteva a estranei di entrare nel suo studio per vederlo lavorare, ammise che visitatori influenti andavano spesso ad osservare i suoi progressi su Guernica, credendo che la pubblicità avrebbe aiutato la causa antifascista.

Picasso lavorò sul dipinto per 35 giorni e lo finì il 4 giugno 1937.

Ma vediamo dunque il simbolismo e il significato di questo immenso murale.

La scena si svolge in uno spazio in cui, a sinistra, un toro con gli occhi spalancati sovrasta una donna in lutto, mentre porta in braccio un bambino morto. Al centro un cavallo cade in agonia e ha la bocca forata, come se fosse stato appena attraversato da una lancia o da un giavellotto.

Un soldato morto e smembrato giace sotto di esso. La mano del suo braccio destro reciso afferra una spada in frantumi, da cui cresce un fiore.

Il palmo aperto della mano sinistra del soldato contiene uno stigma, un simbolo del martirio derivato dalle stimmate di Cristo. Una lampadina nuda a forma di occhio brucia sulla testa del cavallo sofferente.

Nella parte in alto a destra del cavallo una figura femminile spaventata sembra aver fluttuato nella stanza attraverso una finestra e osserva la scena. Porta una lampada accesa. Da destra, sotto la figura fluttuante, una donna colpita da timore reverenziale barcolla verso il centro, guardando la luce ardente con uno sguardo vuoto.

All’estrema destra un’altra donna, con le braccia alzate terrorizzate, è intrappolata dal fuoco e la sua mano suggerisce la forma di un aeroplano.

Insomma c’è tutto il caos e l’effetto devastante di un bombardamento.


Però una recente teoria del professore José Maria Juarranz de la Fuente, che ha passato circa 20 anni a studiare l’opera, cambierebbe completamente la sua interpretazione.
Guernica altro non sarebbe che una immensa biografia del pittore dove sono rappresentati persone ed eventi rispettivamente incontrate e vissuti.

Il terremoto di Malaga, il suicidio di un caro amico e tutte le figure femminili che lo hanno accompagnato lungo la sua vita. 

A sostegno di questa sua tesi ci sarebbero le tempistiche: Picasso lavorava al dipinto prima che Guernica fosse di fatto rasa al suolo.

A prescindere da quale sia la giusta analisi, entrare al Reina Sofia e trovarsi il dipinto davanti è qualcosa che lascia tutti a bocca aperta: è un’opera che le persone osservano in religioso silenzio.

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