Plautilla Bricci, la prima architettrice della storia in mostra a Roma.

C’è ancora tempo per dedicarsi una passeggiata presso le Gallerie Corsini su Via della Lungara a Roma col fine di andare alla mostra dedicata a Plautilla Bricci, una delle prime architettrici della storia occidentale. La mostra, a cura di Yuri Primarosa, riunisce per la prima volta l’intera produzione grafica e pittorica dell’artista.

Architettrice è il termine che Plautilla stessa utilizzò per descrivere la propria professione, termine che recentemente ha indignato qualche politico che, in errore, pensava fosse la solita guerra linguistica contro la fragile mascolinità: di più non lo si può ringraziare data la risonanza che il suo ingenuo twit [sic.] portò in favore di Plautilla.

Plautilla accoglie i visitatori col suo volto sorridente nella prima sezione, dedicata al Barocco in Rosa.

Oltre al presunto ritratto di Plautilla, (qui sotto) appartenente a una collezione privata di Los Angeles è possibile osservare i volti di Faustina Maratti, come allegoria della pittura; e il celebre autoritratto di Artemisia Gentileschi, sempre come Allegoria della pittura.

Ritratto di architettrice, olio su tela, 1655 – 1663, pittore romano, collezione privata.

Da subito si comprende che la presenza e l’importanza di Plautilla sarà lentamente svelata lungo i corridoi di Galleria Corsini.

Vi sono alcune figure importanti che ruotarono attorno la sua persona che non possono essere non citate: la prima il padre Giovanni che cercò di indirizzare la figlia verso un genere devozionale e, grazie a ricerche recenti, sappiamo che fu egli a offrire a Plautilla la prima rete di contatti e committenze, come nel caso della Madonna col Bambino di Santa Maria in Montesanto. Quest’opera è stata oggetto di miracolo: sembrerebbe che la giovane Plautilla ne sbagliò l’esecuzione del volto e che la trovò miracolosamente aggiustata. Da qui il voto di castità che le evitò matrimoni che avrebbero potuto poi distrarla dalle sue attività artistiche.

Poi ci fu l’abate Elpidio Benedetti che le commissionò importanti lavori; è documentato poi un lungo sodalizio tra l’abate e l’artista che condivisero quasi per intero il percorso delle loro vite.
La prima opera che il Benedetti affidò a Plautilla fu il Casino del Vascello sul Gianicolo, edificio che andò distrutto nel 1849 durante la guerra tra i garibaldini della repubblica romana e le truppe francesi.

Grazie a Benedetti, la Bricci poté concretizzare le sue ambizioni affermandosi anche come architetta: un evento talmente eccezionale da richiedere l’invenzione di un nuovo termine – quello di “architettrice” –, apposto su un atto notarile relativo ai lavori del Vascello per suggellare il riconoscimento ufficiale della donna dopo anni attività sottotraccia, in un settore artistico tradizionalmente riservato ai soli uomini.

La seconda sala dedica spazio proprio alla figura di Benedetti, che oltre a essere uomo di cultura era anche servitore del Cardinale Mazzarino e agente del Re di Francia. Sapeva scrivere, fare il mercante d’arte e organizzare feste: un uomo capace di muoversi in diversi campi.

Era anche l’ombra del Cardinale Mazzarino, per il quale svolgeva qualsiasi attività sia stata essa di natura affaristica, artistica o dilettantistica. Mazzarino è ritratto con estrema attenzione da Pietro da Cortona nel dipinto visionabile nella terza sala e probabilmente commissionatogli da Benedetti in persona. Cortona e Plautilla successivamente s’incontreranno per lavorare poi alle pitture del Vascello.

Ritratto del Cardinale Mazzarino, olio su tela, 1644, collezione privata.

Le vere capacità artistiche di Plautilla si iniziano a scoprire solo nel momento in cui ci si trova davanti lo “Stendardo Bellissimo”, tela di lino dipinta con colori a olio nel 1675, quando Bricci aveva 59 anni, e commissionata dalla Compagnia della misericordia di Poggio Mirteto.

A definirlo “bellissimo” furono proprio i membri della confraternita; lo stendardo illustra la nascita e il martirio del santo protettore della compagnia. Normalmente chi entra nella chiesa vede infatti rappresentata la nascita di S. Giovanni Battista; sull’altro lato invece è dipinta la Decapitazione del santo. La tela in effetti nasce come stendardo processionale per accompagnare i condannati a morte al patibolo e la doppia faccia, la vita e la morte, acquista in questo contesto un senso ben preciso.

Lo stendardo nella sua sede originale a Poggio Mirteto è esposto su una struttura che ruota su sé stessa, così da poter all’occorrenza mostrare la facciata nascosta. Foto tratta da http://www.enricogalantini.net

Molto interessante è l’ambizioso progetto della Scalinata di Trinità dei Monti del 1660, L’idea di superare il forte dislivello con una scala è documentata già nel 1559. Venti anni dopo la Camera Apostolica acquistò il terreno ai piedi della chiesa per realizzare la scalinata che negli intenti di papa Gregorio XIII (1572-1585) doveva essere “simile a quella dell’Aracœli”. Solo nel 1660, grazie al lascito del francese Stefano Gueffier, furono redatti i primi progetti da parte di numerosi architetti, tra cui Plautilla.

Chiudeva l’esposizione un prestito eccezionale: il quadro d’altare raffigurante San Luigi IX di Francia tra la Storia e la Fede dipinto da Plautilla per la cappella di San Luigi (1676-1680) nella chiesa dei Francesi, interamente progettata dall’architettrice per l’abate Benedetti, accanto alla cappella Contarelli; dal 31 gennaio il quadro è tornato nel suo luogo di origine.

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