John Atkinson Grimshaw, Glasgow, Saturday night.

Se fate il nome di Grimshaw a chi ne apprezza le opere, si paleseranno in lui tutta una serie di immagini raffiguranti bellissimi paesaggi notturni di città inglesi del 1800, tremendamente reali e incantevoli. Dopotutto Grimshaw ha preso questa sua caratteristica dallo stile pre-raffaelita che era molto attento ai dettagli.

Le vedute al chiaro di luna in città e sulle strade suburbane, e ancora sui moli di Londra, Liverpool e Glasgow, sono abbelliti dalla straordinaria abilità Grimshaw di ricreare gli effetti dell’illuminazione lunare e di quella artificiale, a gas, che gli hanno permesso di catturare l’aspetto emotivo delle l’atmosfere notturne.

Non da subito si dedicherà a questa tipologia di dipinti, la sua carriera iniziale sarà piuttosto classica, con raffigurazioni di ritratti, fiori e animali.

Ma la vera arte Grimshaw la applica nel momento in cui si crea una vera e propria alienazione dello spirito umano, che si trasmuta in quelle strade, come se fosse stato trascinato indietro nel tempo.

Non era un caso dunque che davanti alle sue tele rimanessero a bocca aperta anche grandi pittori contemporanei. Un piccolo aneddoto, James Abbott McNeill Whistler, artista statunitense, racconta di come egli si fosse sempre auto-reputato il miglior paesaggista dei chiari di luna, fino a quando per la prima volta si ritrovò davanti a una tela di Grimshaw: evento che gli fece mettere in discussione il tutto.

La fortuna però non gli fu proprio amica, il vero successo arrivò negli anni venti del 1900, ben trent’anni dopo la sua morte, avvenuta per tubercolosi, quando il realismo tornò ad essere apprezzato dopo la grande onda impressionista che aveva sconvolto la scena dell’arte.

Dopotutto dipinse le sue tele stilisticamente lontano dalla maniera di Pissarro, Monet e compagni, definendo la realtà nella sua più accurata immagine, lasciando dunque i particolari di luce non alle impressioni, ma al dettaglio.

Oggi parliamo nello specifico del suo Glasgow, Saturday Night, un olio su tela dove la città scozzese é illuminata dalla luna.

La scena è divisa in due, a sinistra abbiamo delle abitazioni con delle vetrine che emanano luce calda, invitano ad entrare per comprare una bottiglia di vino, un caffè, o qualche bene di prima necessità; a destra invece, la luce lunare, illumina tutto con toni più freddi. Sullo sfondo gli alberi maestri delle imbarcazioni, ormeggiate sul molo del fiume, sembrano una foresta proibita, in cui non ci è concesso entrare, mentre non lontano da lì un gruppo di lavoratori continua a fare il suo mestiere.

La percezione che ci facciamo della città però non è reale, poiché Grimshaw evita deliberatamente di rappresentare i problemi sociali nelle sue opere.

Sottolineare la povertà e le difficoltà tipiche di ogni città vittoriana sarebbe stato impopolare con i suoi clienti benestanti. Quindi, evitando il sentimentalismo e le rappresentazioni ostili dei poveri che lavorano, ci permette di godere delle sue bellissime immagini. Abbiamo davanti un’istantanea filtrata della vita di allora, con alcune libertà architettoniche aggiunte per creare un effetto pittoresco.

Grazie a tutto questo e al gioco di luci trasforma una città industriale in familiare; con la penombra che aggiunge un affascinante mistero e un’ambiguità che è deliziosamente intrigante.

L’opera è stata battuta all’asta da Sotheby’s nel 2008, ad un gentiluomo che l’ha voluta per sé acquistandola per 480.000 mila sterline.

Ironia della sorte visto che Grimshaw subì un declino economico nelle ultime fasi della vita, che lo costrinse a vendere casa e a ridimensionarsi nel suo studio di Londra. Due brevi accenni sulla sua vita, nacque nel 1836; dopo una breve carriera come impiegato nelle ferrovie abbandonò tutto per dedicarsi all’arte.

Glasgow, Saturday Night, Olio su tela, n.d, Collezione privata.

3 pensieri riguardo “John Atkinson Grimshaw, Glasgow, Saturday night.

  1. benchè io non ami moltissimo i paesaggisti, devo dire che quando vidi per la prima volta alla Tate una sua opera che era “Liverpool Quay di Moonlight”, rimasi colpita da come era riuscito a carpire le luci e le ombre, davvero spettacolare, certamente molto realistica come scena, forse anche troppo, ma decisamente suggestiva

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  2. e io amo molto seguire il tuo blog! la pittura mi ha affascinato da sempre, miopadre dipingeva, e ho avuto la fortuna nel corso degli anni di girare un po’ per il mondo e i miei luoghi preferiti erano i Musei e le Gallerie d’Arte… conosco Evgene Lushpin e di lui prediligo il suo “leggere” Parigi, dai tetti e dai terrazzini , alcuni critici lo accostano ad Hopper, non so se sia possibile, Hopper per me è insuperabile, ma certamente si avverte nelle sue vie, viali e tetti un uso della luce magistrale. e grazie per questi tuoi post

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