Abbiamo parlato nel post precedente di un grande artista inglese, William Turner; e continuiamo ora con John Constable. Per quanto diversi nello stile, i due, sono spesso associati tra loro nello studio dell’arte, poiché hanno passato la gran parte della loro vita disegnando paesaggi; lo fanno con due filosofie distinte, che però a loro modo, hanno saputo tradursi in opere che avrebbero ispirato poi i grandi artisti di fine ‘800, aprendo la strada ad un nuovo modo d’intendere l’arte e la natura. Se Tuner era stato un grande viaggiatore, Constable non si è mai mosso dall’Inghilterra: pensate, il suo nome è così associato alla sua Stour Valley, luogo in cui era cresciuto, che questa è spesso chiamata “Constable Country”; non c’è da stupirsi visto che lo stesso pittore era solito affermare che il suo scopo era quello di dipingere meglio la propria terra.
Era figlio di contadini, che avevano le loro terre nel Suffolk, zona situata sulla costa, poco a nord di Londra. Sebbene il padre avrebbe voluto che John si dedicasse alle attività di famiglia, senza molti ostacoli, egli permise al figlio di iscriversi alla Royal Academy, per studiare pittura; vi fece ingresso che aveva solo 22 anni.
Il giovane pittore passò così il suo tempo diviso tra le campagne, dove era solito disegnare, e Londra, luogo che frequentava per studiare, esporre e farsi conoscere. Il suo punto di rottura con il pensiero ortodosso dell’accademia consisteva nel ritenere che, per ritrarre paesaggi, non fosse necessario doverli includere in racconti storici o mitologici, ma che questi potevano essere di per sé il centro del dipinto.
Esempio sono le raffigurazioni dei campi di grano, o della fattoria paterna, che spesso erano il centro dei suoi studi, e proprio con un disegno rurale ottenne un clamoroso successo.

Constable eseguì Il carro da fieno nel 1821, esponendolo il maggio dello stesso anno alla Royal Academy a Somerset House con il titolo Landscape: Noon (Paesaggio: Mezzogiorno).
Pur non trovando acquirenti, ebbe successo; Théodore Géricault, che vide l’opera, pur non facendone nessun cenno nei propri taccuini da viaggio, ne parlò molto entusiasticamente con l’amico Eugène Delacroix una volta ritornato in Francia.
Sentendo l’entusiasmo di Delacroix e di Géricault, il gallerista John Arrowsmith, provò invano ad acquistare l’opera, ma non riuscendo a contrattare sul prezzo con lo stesso Constable, rimase a bocca asciutta. Il dipinto fu esposto l’anno seguente al Salon di Parigi del 1925, dove ottenne la medaglia d’oro, conferitagli proprio dal Re di Francia Carlo X di Borbone.
Nonostante tutto la tela rimase invenduta per tre anni proprio presso la galleria di Arrowsmith, che nel mentre aveva convinto Constable a cedergli l’opera; la tenne con sé fino a quando nel 1828 la vendette a Jean-François Boursault-Malherbe, direttore di teatro e amante di fiori e giardini.
In primo piano due contadini guadano il basso corso d’acqua conducendo un carro da fieno vuoto trainato da cavalli: il carro è forse fermo nei flutti per far raffreddare i cerchioni metallici delle ruote, o magari per far riposare e abbeverare il cavallo. A lato del ruscello si scorge un cane, indeciso se raggiungere il padrone tuffandosi in acqua o rimanere prudentemente sulla sponda del fiume. In lontananza si vedono i lavoratori nei campi, piccoli come puntini, che stanno mietendo il fieno: il carro fa probabilmente la spola tra i campi e la fattoria per depositare quanto raccolto. Tra le altre figure visibili vi sono una donna che attinge acqua per una casa nelle vicinanze e un ragazzo che sta lanciando una lenza.
Quello che più colpisce è che nella scena ritratta in questo dipinto vi è un sereno equilibrio tra gli elementi naturali e quelli artificiali: la casa, che si erge in una delle anse del ruscello, sembra infatti quasi confondersi con la cortina di alberi circostante. La parte superiore del quadro è invece occupata da un cielo solcato da nuvole violente, che in questa tela assurgono a elemento scenografico maggiore: Constable non si sofferma solo sulla loro forma evanescente, bensì ne indaga anche le qualità luministiche e i tonalismi atmosferici, così da caricare l’intero paesaggio di una notevole intensità lirica.
Dal punto di vista tecnico, il colore qui è steso con pennellate sporche e filamentose: è solo guardando l’opera da una certa distanza che essa acquisisce maggior suggestione e senso di verità. Impiegando questa tecnica Constable rese le immagini del quadro particolarmente vive e dinamiche, facendo sì che lo spettatore possa sentirsi emotivamente trascinato nella scena bucolica effigiata. Fu lo stesso Nodier che notò questa particolare tecnica d’esecuzione osservando il dipinto alla Royal Academy:
«Stando vicini al dipinto, vediamo larghi impasti di colore male stesi, che offendono il tatto come la vista per la loro grossolana diseguaglianza. Scostandoci di qualche passo, è una campagna pittoresca, una casa rustica, un basso corso d’acqua le cui tenui increspature sbiancano sui ciottoli, un carro di contadini che attraversa un guado. È acqua, è aria, è cielo, è Ruysdael, Wouvermans, o Constable»
Questo modo di rappresentare il cielo si radicò in Constable a seguito di tanti, ma tanti rigorosi studi, dedicati proprio a trovare gli equilibri tra natura e aria; pensate che era solito segnare l’orario e la data dei disegni che realizzava , proprio per memorizzare il comportamento degli elementi al variare del giorno, della stagione e del tempo.