Eduard Manet (1832-1883) è stato uno dei primi artisti a dipingere la vita moderna e fu la persona che traghettò l’arte dal realismo all’impressionismo; sebbene egli non aderì mai formalmente al movimento impressionista, la sua figura fu di grande riferimento per pittori come Monet, Pissarro, Renoir e Bazille.
Dopo aver fallito l’arruolamento nella marina militare aprì un suo studio nel 1856, periodo in cui le sue tele venivano realizzate con pennellate larghe, semplificazioni di dettagli e l’eliminazione di tinte di transizione.
Il suo ritrarre il quotidiano, influenzato dal realismo di Courbet, si faceva sempre più consistente: mendicanti, cantanti, zingari, gente nei caffè erano gli attori delle sue tele.
Il 1863, a sua insaputa, sarebbe stato un anno fondamentale per l’intera storia dell’arte, poiché con questa data, probabilmente, potremmo dire che si gettarono le fondamenta dell’arte moderna.
Egli dipinse due tele dal valore incommensurabile: Olympia e Le Déjeuner sur l’herbe. E oggi, in questo video, concentreremo le nostre attenzioni su Olympia.

La tela fu presentata al Salon del 1865, la più importante manifestazione artistica di tutta la Francia, e forse del mondo.
L’opera ebbe l’effetto di un terremoto, fu criticata aspramente, e gli organizzatori dovettero mettere delle guardie a protezione del dipinto, poiché in molti cercarono di sfregiarlo. Cerchiamo di capirne dunque i motivi.
Dovendo descrivere l’opera di Manet diremmo che si tratta di un normale nudo femminile, disteso su di un letto dalle bianche lenzuola.
La donna copre le parti intime con la mano, mentre è appoggia sul gomito dell’altro braccio e ha gli occhi rivolti verso di noi. Sullo sfondo un’inserviente le offre un mazzo di fiori.
Il nudo nell’arte non era qualcosa di vietato, anzi, osservando la Venere di Tiziano possiamo notare come in passato, senza scalpori, un’opera molto simile fosse stata apprezzata e non si può negare che Manet abbia riprodotto la sua Olympia proprio ispirandosi alla Venere di Tiziano.

Ma quali sono allora i motivi di tale fervore? Vediamoli nel dettaglio.
Prima di tutto la modella che posò per la figura di Olympia, madame Victorine Meurent, era conosciuta a chiunque frequentasse gli atelier, poiché era solita farsi ritrarre da più artisti; fu ritratta con estremo realismo, senza un’idealizzazione della figura femminile, tipica delle veneri, e il pallore di Victorine ne è la conferma.
Ma ad attirare le critiche dei benpensanti furono dettagli ancora più minuti: 1) Il nome Olympia era associato negli anni sessanta dell’ottocento alla prostituzione. 2) Victorine porta sull’orecchio un’orchidea, un laccio nero le adorna il collo, sul polso sfoggia un braccialetto e la sua persona giace su uno scialle orientale: sono tutti elementi che richiamano sensualità. 3) Nella Venere di Tiziano è raffigurato come animale domestico il cane, simbolo di fedeltà; Manet sceglie invece il gatto nero, associato nuovamente al mondo della prostituzione. 4) Se la mano della Venere di Tiziano copre le pudenda delicatamente, Olympia sembra avere una fermezza più decisiva, quasi a protezione del suo bene più prezioso. 5) Non per ultimo, l’inserviente di colore, che quasi si confonde con lo sfondo, aveva messo in discussione le abitudini dei ricchi Parigini di impiegare i neri come servi, nonostante la schiavitù fosse abolita da non molto tempo.
Insomma, un vero manifesto, non tanto celato di una realtà conosciuta ai più ma di cui non si poteva parlare.
E in tutte queste parole non abbiamo accennato nulla riguardo le pennellate e poco attente, che andavano contro i canoni dell’Accademia; o di come sia stata sublime la raffigurazione del chiaroscuro in questo dipinto. Insomma, ci troviamo davanti ad una tela incompresa a causa del pudore della gente.
Fu Claude Monet, amico di Eduard, a vendere allo stato francese l’opera, il quale accettò di acquistarla solamente nel 1890, sette anni dopo la morte dell’autore e ben 27 anni dolo la realizzazione del quadro.
Oggi l’opera si trova al museo d’Orsay a Parigi e attrae migliaia di visitatori al giorno. In un solo dipinto Manet aveva sfidato l’opinione pubblica per il tema e l’accademia per lo stile: era il giorno in cui l’arte moderna iniziò a prendere la strada di quel percorso oggi a tutti noi noto.