Che le relazioni umane per Edvard Munch non siano stata cosa semplice è noto a tutti, e questo lo ha sempre trasmesso poi nei suoi dipinti.
Si trasferì da Oslo, all’epoca chiamata Christiania, nel 1864 assieme ai genitori e ai suoi fratelli Johanne Sophie, la sorella maggiore con la quale instaurerà un rapporto di grandissimo affetto, Peter Andreas , Laura Catherine e Inger Marie.
La sofferenza ha tracciato l’intero percorso della sua vita: da giovane dovette sopportare la morte per malattia della madre prima e di Johanne Sophie poi.
Ad un clima difficile per via della povertà si aggiunsero anche i problemi depressivi del padre, che si trovò a crescere da solo, con un unico introito economico il giovane Munch e i suoi fratelli; a ruota arrivarono le psicosi di Laura Catherine, a seguito della morte del fratello Peter Andreas, avvenuta poco dopo le nozze di lui.
Si comprende così meglio quale stato d’animo abbia accompagnato il percorso artistico di Munch, iniziato nella scuola di Arti e Mestieri di Oslo nel 1881, una volta che decise di abbandonare gli studi ingegneristici.
In questo periodo Munch entrò in contatto anche con i circoli bohémien della città, presieduti dall’amico Hans Jæger, scrittore dallo spirito anticonformista ed anarchico che esortava i discepoli con l’imperativo «Scrivi la tua vita!».
Munch prese questa massima alla lettera: trasse proprio da questa cerchia di intellettuali ribelli (che l’artista sovente raffigurò in varie opere, come il ritratto a Karl Jensen-Hjell) lo spirito autobiografico che avrebbe poi permeato la sua attività artistica, mezzo con il quale riscrisse la propria vita.
Andato poi a Parigi, con una borsa di studio, riuscì a continuare la sua strada avvicinandosi anche all’impressionismo, di cui fu pittore inconsapevole. Lentamente il suo percorso poi virò verso l’espressionismo per cui è conosciuto, così distintivo, unico e inimitabile
Oggi analizziamo Eye in Eye, olio su tela realizzato nel 1900, e conservato presso il museo Munch di Olso.

Il verde scuro è certamente il colore predominante e catalizza il lato tenebroso lungo tutta la superficie della tela.
Nonostante il titolo sembri avere una declinazione romantica, con i due innamorati che si guardano l’un l’altra negli occhi, la realtà è ben lontana. Osservando attentamente i volti della coppia ci si accorge che non sono completi, non hanno la bocca, i lineamenti sono fugaci e simili a quelli di fantasmi.
I due sembrano voler parlare tra loro, ma non possono farlo se non attraverso lo sguardo, unico strumento che consente loro di affacciarsi al mondo esterno.
Ma in quello sguardo sembra esserci più paura e angoscia che speranza.
Sullo sfondo è visibile una casa, che nell’ideale comune è simbolo di calma e tranquillità; potrebbe essere l’abitazione dei due, ma a separarli da essa vi è un albero, che incombe sulle loro figure; con buona probabilità è la raffigurazione della vita, come ostacolo.
Il silenzio, le parole non dette, l’ansia e l’angoscia sono tutte imprigionate in questo dipinto che urla i suoi sentimenti a chiunque si fermi a guardarlo.