Paul Delaroche è un pittore francese nato nel 1797 e morto nel 1856. E’ conosciuto al mondo per aver realizzato l’ Emiciclo della scuola des beaux arts di Parigi, ispirato dagli affreschi raffaeleschi della Scuola di Atene.
La sua formazione si è sempre divisa tra Romanticismo e Neoclassicismo, due movimenti in pieno conflitto negli anni della sua attività; Paul ha saputo collocarsi nel mezzo, mettendo nelle sue opere le due distinte anime delle correnti pittoriche.
Appartengono al romanticismo i soggetti patetici, mentre la cura dei dettagli, resa possibile dall’uso della pittura ad olio su tela, lo conduce tecnicamente al neoclassicismo.
Delaroche come pittore di storia mirava a presentare nel suo lavoro una “analisi filosofica” di un evento storico e collegarlo alla comprensione del diciannovesimo secolo, secolo della verità storica e del tempo storico.
Sebbene vi siano alcune discrepanze tra la realtà e la sua storia dipinta, Delaroche vide l’importanza di essere fedele alla presentazione dei fatti.
Il critico letterario tedesco Heinrich Heine afferma che “Delaroche non ha grandi predilezioni per il passato in sé, ma per la sua rappresentazione, per l’illustrazione dello spirito e per la scrittura della storia a colori”.
Delaroche dipinse tutti i suoi soggetti sotto la stessa luce, a prescindere che fossero grandi personaggi storici del passato, fondatori del cristianesimo o importanti personaggi politici del suo tempo.
Ha studiato attentamente i costumi, gli accessori e le ambientazioni che ha incluso nei suoi dipinti per presentarli accuratamente.
Il dipinto che analizzeremo oggi è La Giovane Martire, realizzato un anno prima della sua morte e conservato presso il Museo del Louvre.

Il soggetto è una giovane donna, martire cristiana per l’appunto, che galleggia nelle acque del Tevere; che sia cristiana lo rivela l’aureola situata al di sopra del viso di lei; anticonformista, se cosi posso permettermi di dire, è che il soggetto sia femminile.
Con molta probabilità è un omaggio di Delaroche alla defunta moglie Louise Vernet, che lo lasciò, per passare a miglior vita, nel 1845 e che fece da modella in molti dei suoi dipinti.
Sullo sfondo, in cima al pendio vi è una coppia di persone; l’uomo e la donna dovrebbero essere i genitori, disperati, per la morte della figlia.
Non è chiaro inoltre se il sole stia tramontando, o sorgendo, e c’è chi in base alle due versioni creda si faccia riferimento o al termine di una vita terrena; o all’iniziare la vita nell’al di là.
Il dettaglio sottostante mette in evidenza come il movimento delle sue pennellate insieme ai colori e alla posizione dei suoi soggetti, conferiscano a ciascuno di essi un aspetto unico e dettagliato; il livello di accuratezza nel disegnare le acque che sorreggono la martire è ammirevole.
Non si può non notare quanto la luce che illumina il volto della giovane donna aumenti di molto il pathos della tela.
