Macchiaioli e Impressionisti

Nei testi di storia dell’arte si è sempre sostenuto che a rompere gli schemi dall’idea di pittura classica ottocentesca siano stati gli Impressionisti nel 1874, quando inaugurarono la loro prima mostra presso lo studio del fotografo Nadar a Parigi.

Bisogna però dare credito al fatto che, nel Capoluogo toscano, parecchi anni prima, esattamente nel 1855, presso il caffè Michelangelo, si era costituito il gruppo dei Macchiaioli, un movimento di pittori che eseguiva tele per il semplice scopo di farlo, senza particolari ambizioni di successo.

Diego Martelli, mercante e critico d’arte, fu un grandissimo punto di riferimento per il gruppo; egli si trovava a frequentare lo stesso caffè e, con il passare del tempo, divenne un vero protettore del realismo e dell’impressionismo a seguire.

Il Martelli era una persona attenta, colta, tanto da avere una propria biblioteca ricca di volumi e oggi ancora consultabile a Roma presso l’ Istituto di studi storici per la conoscenza dell’arte toscana del XIX secolo, fondato nel 1992.

La sua mente curiosa lo portò più volte a Parigi, dove ebbe modo di approfondire il lavoro svolto dagli impressionisti: conobbe di persona Paul Durand-Ruel, presso il quale apprezzò e portò in Italia le tele di Pissarro, Monet e Caillebotte.

Come Parigi era la culla ideale per dare inizio ad un movimento d’avanguardia tanto grande quanto l’Impressionismo, la Toscana, con Firenze, si poteva considerare il luogo più idoneo per la nascita di un movimento d’avanguardia tanto misconosciuto come quello dei Macchiaioli.

L’Italia ancora non si era unita e il Gran Ducato di Toscana si poteva considerare, col senno del poi, forse il luogo più tollerante e aperto di tutto lo stivale. Certo, non c’era nulla di grande come la nuova Parigi tirata su dal prefetto Haussmann, ma i Macchiaioli avevano le campagne toscane.

Essi vedevano il mondo esattamente come lo percepivano gli Impressionisti; il termine del movimento si rifà alla parola macchia, poiché essi affermavano che le forme non esistevano e che erano in realtà macchie di colore, perché la luce, colpendo gli oggetti tornava ai nostri occhi come colore; non lontano dall’idea di impressione di Monet.

Lo scopo dunque era immortalare su tela quelle macchie attraverso le pennellate. Andando ancora più a fondo in realtà, scopriamo che il movimento dei Macchiaioli, a sua volta aveva dei predecessori, che affluirono poi nel gruppo. Sto parlando della cosi detta Scuola di Staggia.

La Scuola di Staggia, sul modello della scuola di Barbizon, era costituita da un gruppo di pittori che dipingeva en plein air e che dette impulso a un genere – la pittura di paesaggio o della natura, ripresa dal vivo – privo dei toni solenni ed immobili delle vedute classiche; tra loro vi erano Domenico Morelli e Serafino De Tivoli.

Proprio come il numero dei primi impressionisti si contava sulle dita delle mani, allo stesso modo l’elenco dei principali artisti appartenenti ai Macchiaioli è piuttosto scarno:

Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Odoardo Borrani, Stefano Bruzzi, Ferdinando Buonamici, Vincenzo Cabianca, Niccolò Cannicci, Adriano Cecioni, Giovanni Costa, Vito D’Ancona, Serafino De Tivoli, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini e
Raffaello Sernesi.

Iniziamo ora la nostra passeggiata tra le opere di questi grandi artisti.

Il riposo quotidiano.

Iniziamo con Il pergolato di Silvestro Lega, realizzato nel 1868; il titolo originale dell’opera era Un dopo pranzo, forse titolo più idoneo.

In accordo con la sua poetica, Lega sceglie di raffigurare un soggetto quotidiano, decisamente ordinario, con un realismo quasi fotografico; rappresenta un gruppo di donne che chiacchierano e si intrattengono in maniera tranquilla e rilassata all’ombra di un fitto pergolato, in attesa dell’arrivo della domestica, ritratta sulla destra mentre regge un vassoio con sopra un bricco di buon caffè.

Silvestro Lega, Il pergolato, Olio su tela, 1862, Pinacoteca di Brera.

Non tanto diversa fu l’idea dell’impressionista per eccellenza Claude Monet nel suo Donne al Giardino, olio su tela del 1867 e conservato oggi al Museo d’Orsay di Parigi. Seppur in un ambiente più verde, un gruppo di donne, anche loro di bianco vestite, riposa rifugiandosi dal sole.

E’ una scena che ritrae stralci di vita quotidiana nella loro intimità. Una piccola curiosità è che tutte le figure femminili del dipinto sono state modellate sulle fattezze di Camille Doncieux, la sua compagna.

Claude Monet, Donne in giardino, Olio su tela, 1867, Museo d’Orsay, Parigi

La toeletta

Altro tema trattato da entrambi i movimenti ad esempio è quello della toeletta; Caillebotte ha più volte ritratto uomini mentre si asciugano una volta usciti dalla vasca da bagno, mentre più comune era la raffigurazione di donne davanti allo specchio in procinto di pettinarsi o sistemarsi.

Telemaco Signorini con La toeletta del mattino raffigura una donna seduta davanti ad uno specchio mentre si sistema i capelli. Questa scena, apparentemente normale, per l’epoca rappresentò un vero scandalo; ci troviamo all’interno idi un bordello, e le prostitute appena sveglie danno inizio alla loro giornata. Sapendo delle critiche che avrebbe provocato, Signorini non ebbe mai l’audacia di inviare il quadro a un’esposizione e lo tenne nascosto nel suo studio, ma dopo la morte questo opera divenne una delle sue opere più significative.

Telemaco Signorini, La toeletta del mattino, olio su tela, 1868, Collezione privata.

Abbandoniamo per un istante l’argomento della toeletta per affrontare quello della prostituzione, caro anche agli Impressionisti, che la trattarono esplicitamente, o per vie indirette, usando prostitute note ai più come modelle per i loro opere.

Fra tutte le tele la più realistica è probabilmente quella di Henri de Toulouse-Lautrec, realizzato nel 1894, L’ispezione medica.

In una stanza riccamente decorata con colori autunnali e motivi cinesi, due prostitute si mettono in fila per essere visitate dal medico. Le malattie sessualmente trasmissibili erano piuttosto diffuse, quindi visite di routine erano alquanto comuni.

Una di loro è bionda e più matura della sua collega, dai capelli rossi più giovane. Entrambe hanno la camicia alzata, mostrando così glutei, cosce nude e calze nere fino al ginocchio.

La bionda ha un aspetto rassegnato. I suoi occhi sono abbassati e il suo vestito raccolto davanti per preservare ciò che resta della sua dignità.

La più giovane sembra invece sicura. Con i suoi capelli rosso vivo, le guance arruffate e la veste sollevata in alto, si avvicina al suo scopo con una certa audacia. Una terza donna in un kimono turchese si allontana da loro verso un gruppo di persone sotto una grande finestra attraverso la quale si può vedere una torre dell’orologio.

Henri de Toulouse-Lautrec, L’ispezione medica, Olio su tela, 1894, Detroit Institute of Arts, Detroit, USA

Berthe Morisot, pittrice impressionista, ha dipinto una delle opere più belle riguardanti la toeletta. La tela, intitolata per l’appunto Donna alla toilette realizzata tra il 1875 e il 1880.

Morisot è l’unica donna unitamente a Mary Cassatt ad essere qualificata come pittrice impressionista, nonostante le critiche e i pregiudizi del mondo accademico tradizionale e gli stereotipi della società parigina dell’Ottocento.

Qui la donna è ritratta di spalle, mentre allo specchio si sistema i capelli. Non ci è dato di conoscerne il volto che tantomeno si riflette. Lo specchio apporta profondità al dipinto che altrimenti sarebbe risultato piatto per via dell’assenza di uno sfondo. Le pennellate sono ampie, con una tavolozza che spazia tra tinte di verde, bianco, rosa e celeste.

Il lavoro.

Anche il tema del lavoro accomuna i due movimenti pittorici; Niccolò Cannicci ad esempio ritrae ne Le Gramignaie al fiume un gruppo di donne atte a raccogliere le erbacce dannose per l’agricoltura ma impiegate nel foraggio dei cavalli. Un lavoro di gruppo e faticoso, da affrontare con i piedi in acqua e per molto tempo. La scena rimane comunque bucolica, con il sole al tramonto che tinge di arancione il cielo. Da notare come l’arancione torni poi in molti dei tessuti impiegati nelle vesti delle signore.

Niccolò Cannicci, Le gramignaie al fiume, 1896, olio su tela, Firenze, Collezione Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Sebbene il lavoro sui campi trovi una maggiore diffusione ne la scuola di Barbizon, con Millet in prima linea durante gli anni 40 del XIX secolo, si riescono comunque a trovare tele impressioniste che mostrino contadini e campagnoli intenti nelle loro attività.

Un delicato Pissarro nel suo La raccolta delle mele, tela che nel momento in cui sto scrivendo, è all’asta su Christie’s e appartiene al suo ultimo acquirente che la comprò nel 2009, ritrae tre donne intente a raccogliere le mele. Una con il bastone scuote l’albero, mentre le altre due, chine a terra ne raccolgono i frutti.

Certo, la tecnica di esecuzione, le pennellate, i colori differiscono di molto dal dipinto di Niccolò Cannicci; ma il sudore e la fatica di un mondo femminile al lavoro nel 1800 sono percettibili in entrambe le opere.

Pissarro, La raccolta delle mele, olio su tela 1881, Collezione privata.

A sinistra Le spigolatrici, opera di Jean Francois Millet, realizzata nel 1857 e conservata al Museo d’Orsay a Parigi. Millet apparteneva alla scuola di Barbizon, la stessa che ispirò la Scuola di Staggia, da cui nacque poi il movimento dei Macchiaioli.

Millet, Le spigolatrici, Olio su tela, 1857, Museo d’Orsay, Parigi

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