Oggi è il 25 Marzo, giorno dedicato a Dante Alighieri e in questo articolo cercheremo di intraprendere un percorso artistico dedicato proprio a lui, passando per le pennellate di grandi artisti.
Questa storia la iniziamo con il Codice Palatino 313, il primo libro miniato contenente il testo della divina Commedia, commentato direttamente dal figlio di Dante, Jacopo Alighieri. Il manoscritto ha 37 miniature realizzate dalla bottega dell’artista Pacino di Bonaguida, vicino allo stile di Giotto ed è conservato presso la biblioteca nazionale di Firenze. Il manoscritto ha una datazione incerta che va dal 1335 al 1350.
Nella miniatura sottostante sono riprodotti Dante e Virgilio che incontrano il conte Ugolino mentre divora la testa dell’arcivescovo Ruggeri.

Domenico Michelino ha raffigurato probabilmente una delle immagini più famose dedicate a Dante, La Divina Commedia illumina Firenze, affresco realizzato nel 1465 e conservato presso la chiesa di Santa Maria del Fiore di Firenze: nel dipinto appare Dante con una copia della sua Commedia, fra i tre mondi ultraterreni descritti in essa e una veduta di Firenze.

Andando avanti negli anni troviamo Sandro Botticelli, il quale commissionato da Lorenzo Pier Francesco de’Medici, avrebbe dovuto realizzare ben 100 illustrazioni della divina commedia su pergamena. Oggi ne sono conservate solo 92 ma di completo c’è unicamente il disegno che introduce i canti dell’inferno, ossia La Voragine Infernale, realizzato sia sul recto che sul verso della membrana. La pergamena è conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana


Raffaello ritrarrà fugacemente Dante nel 1509 all’interno dell’affresco conosciuto come Disputa del Sacramento, eseguito nella Stanza della Segnatura, una delle quattro stanze vaticane. Il sommo poeta è raffigurato in basso a sinistra, come membro della Chiesa Militante, messo in correlazione con la Chiesa Trionfante rappresentata invece dalla trinità nella parte alta dell’affresco.

Veramente affascinante è il ritratto di Agnolo Bronzino, realizzato nel 1530 e conservato oggi presso la National Art Gallery di Washington.
Il Bronzino ha vissuto tutta la sua vita a Firenze e impegnato sin dalla fine degli anni ’30 alla corte di Cosimo I de’ Medici, fu tra i più raffinati e mirabili pittori del primo Manierismo, noto soprattutto per essere stato uno dei più abili ed incisivi ritrattisti della Firenze del tardo Rinascimento.l poeta è ritratto seduto su una roccia, con la Commedia aperta tra le mani. Sono incredibili il soggetto e i colori, così vivi, intensi ricchi di pathos, a tratti gotici, a tratti romantici, fuori dal tempo per una tela di quel periodo.
Dante mostra all’osservatore un volume dalle pagine che si riferiscono al venticinquesimo canto del Paradiso. Inoltre con la mano destra protegge Firenze rappresentata dai suoi edifici più importanti e rappresentativi. La montagna sullo sfondo è invece quella del Purgatorio.
L’opera è stata a lungo ritenuta dispersa, finché la tela non è stata rinvenuta in una collezione privata fiorentina e accolta dalla critica come l’originale del ritratto dantesco ricordato nella biografia vasariana dell’artista.

La barca di Dante è un dipinto ad olio su tela del pittore francese Eugène Delacroix, realizzato nel 1822 e conservato al Musée du Louvre di Parigi.
Il soggetto è esplicitamente desunto dall’Inferno dantesco: ad esser raffigurati, infatti, sono Dante e Virgilio traghettati dal demonio Flegias al di là dello Stige, fino all’infuocata città di Dite. Vi sono elementi di somiglianza con l’opera La zattera di Géricault, dal quale riprende lo stile fortemente emotivo e la costruzione piramidale.
Il perimetro di questa piramide, in particolare, è definito dalle masse imponenti dei passeggeri della barca, con la diagonale principale della tela impostata lungo il braccio alzato di Dante. I corpi dei dannati, invece, disegnano forme concave che, amplificando e riproponendo il moto ondoso della palude, enfatizzano l’instabilità dell’imbarcazione.

Altra tela di fama mondiale è il Dante e Virgilio di William-Adolphe Bouguereau, realizzata nel 1822 e conservata anch’essa al museo del Louvre.
William realizzò il dipinto dopo aver ricevuto due sconfitte al Prix de Rome, decidendo di cambiare soggetto e di realizzare qualcosa che fosse legato alla letteratura mitologica.
Il soggetto è tratto da un episodio del canto XXX dell’Inferno di Dante Alighieri: Dante e Virgilio sono nella decima bolgia dell’ottavo cerchio, ove sono puniti i falsari.
Al centro, in primo piano, si trovano due dannati che lottano selvaggiamente, Gianni Schicchi e Capocchio: stando al racconto dantesco, Gianni Schicchi, punito con una smania furiosa in quanto falsario, sopraggiunge e addenta il collo di Capocchio, l’alchimista con cui Dante ha parlato al termine del canto precedente. Schicch, che è l’uomo sulla sinistra coi capelli rossi, sta violentemente mordendo il collo del Capocchio, mentre sferra una ginocchiata alla schiena, facendolo piegare e cadere.
Dietro di loro, a sinistra, i due poeti guardano con espressione terrorizzata, mentre sulla destra un demone sogghigna.

Alla Tate Britain di Londra si trova invece il Beata Beatrix dipinto realizzato nel 1872 da Gabriel Dante Rossetti, fondatore del movimento pittorico dei Preraffaeliti,.
E’ lo stesso pittore a darci la descrizione del suo dipinto, cito:
Il quadro, naturalmente, non deve essere considerato una rappresentazione dell’evento della morte di Beatrice, bensì un’idealizzazione del soggetto, simboleggiata da uno stato di trance o di improvvisa trasfigurazione spirituale. Beatrice, palesemente assorta in una visione celeste, scorge gli occhi chiusi (come dice Dante in conclusione della Vita Nuova) ‘colui qui est per omnia soecula benedictus
Dante Gabriel Rossetti
Beatrice Portinari è raffigurata con una capigliatura fluente e rossa ed è appoggiata ad un balcone: il volto trasognato, le labbra appena aperte, le palpebre socchiuse e il corpo rilassato sono gli ingredienti utilizzati da Rossetti per definire l’estasi mistica in cui la donna è rapita. Il suo volto presenta un incarnato livido, alludendo alla sua morte prematura, mentre le sue mani sono giunte per accogliere un papavero di oppio (il sedativo da cui deriva il laudano, in riferimento all’overdose che ha stroncato la vita di Lizzie) tenuto nel becco da una colomba aureolata, con un chiaro rimando allo Spirito Santo.
La modella impiegata per il ritratto è la moglie di Dante Rossetti, la bellissima Elizabeth Siddal, morta prematuramente per overdose di Laudano, un oppiaceo dagli effetti devastanti se assunto in grosse quantità.
E’ evidente che l’artista voglia manifestare il Dolore, con la D maiuscola, che Dante provò per Beatrice, e portarlo sul piano personale con la propria vita privata.

Anche Salvador Dalì realizzò nel 1950, per l’occasione del 700 anniversario, degli acquerelli dedicati alla divina commedia: il governo italiano commissiona a Salvador Dalí l’illustrazione della Divina Commedia.
Dalí impiegò ben nove anni per creare i numerosi acquarelli, in totale cento. Il progetto dapprima lanciato in Italia, non ebbe però grande successo, a causa delle origini spagnole dell’artista e del contenuto sfacciato delle illustrazioni.
Al contrario fu accolto con entusiasmo a Parigi e affidato nelle mani di esperti incisori per la creazione delle tavole di legno necessarie al trasferimento degli acquarelli su carta, il risultato e’ un indiscusso capolavoro.


