“La Vocazione di San Matteo” (1599-1600) è sicuramente una delle tele più affascinanti mai realizzate da Michelangelo Merisi, conosciuto a tutti col nome di Caravggio.
Si trova a Roma nella cappella Contarelli, all’interno della chiesa San Luigi dei Francesi, non distante da piazza Navona; l’opera fu affidata a Caravaggio dopo una serie di vicissitudini che portarono allo sconforto i commissionari, che continuavano a vedere irrealizzato il progetto della cappella.
Per Merisi fu una vera e propria sfida: egli non aveva mai dipinto affreschi e l’incarico prevedeva, in teoria, proprio questa tecnica pittorica.
Però Caravaggio, che amava dipingere in studio e non in loco, decise di lavorare su tela, forse per non rischiare troppo in una sfida già difficile poiché l’opera era tre volte più grande delle tele che egli aveva dipinto fino a quel momento.
La storia la conosciamo tutti, Cristo irrompe in una stanza di riscossione delle gabelle e con la mano indica San Matteo.
La critica identifica l’apostolo nella persona che con la propria mano indica sé stesso quasi a dire : “Chi io?”, ma visionari più romantici preferiscono identificare San Matteo nell’unica figura che sembra non accorgersi di nulla, proprio perché avidamente intenta a contare il denaro.
Ed ecco che quella mano che sembrava indicare una persona che prendeva coscienza della vocazione sembri ora puntare un altro esclamando: “Chi lui?”.
Questo dipinto è passato alla storia anche per l’incredibile bellezza apportata dall’effetto della luce, che è dirompente, quasi divina.
Essa entra nella stanza da una finestra nascosta ai nostri occhi; non proviene dagli infissi visibili e posizionati sopra Gesù: la luce squarcia il quadro in due e scende per illuminare i volti dei signori intenti a contare il denaro.
La posa delle persone sedute attorno a quel tavolo ricorda incredibilmente un altro dipinto del Caravaggio, ossia I bari, realizzato nel 1594, rendendo la tela unica nel suo genere, poichè un dipinto a tema sacro fu rappresentato utilizzando soggetti con movenze e abiti contemporanei.
Un occhio attento, inoltre, osserverà come la mano di Gesù Cristo sia la riproduzione speculare della mano michelangelesca de La creazione di Adamo dipinta nella Cappella Sistina; mentre l’intera posa del cristo potrebbe rifarsi all’affresco Il tributo realizzato da Masaccio nel 1425.
Il dipinto appartiene ad un trittico, realizzato per interno dal Merisi e situato sempre all’interno della stessa cappella, assieme a L’ispirazione di San Matteo e il Martirio di San Matteo.
Una piccola curiosità: questo è il solo posto al mondo dove è possibile ammirare tre dipinti di Caravaggio uno vicino all’altro, ancora collocati nel luogo in cui furono originalmente posizionati.



